CONVEGNO SU "MAL-TRATTAMENTO NELLE RELAZIONI DI CURA"

Lunedi' 19 novembre si è svolto a Monza un convegno su
 "IL MAL-TRATTAMENTO NELLE RELAZIONI DI CURA", in cui MARIANELLA CAZZANIGA, responsabile presso la nostra sede per la NON-AUTOSUFFICENZA, era una delle relatrici.

Riportiamo di seguito:
- i link per le immagini
- l'intervento di Marianella.

presentazione del convegno
immagini del convegno 

http://www.flickr.com/photos/beppecremonesi/sets/72157632057419828/
http://spicgillombardia.it/news-dai-territori/monza-il-maltrattamento-nelle-relazioni-di-cura/



IL MAL-TRATTAMENTO PSICOLOGICO NELLA RELAZIONE TRA CAREGIVER E ANZIANO”
Intervento al convegno  del  19 novembre 2012
Promosso dallo SPI –CGIL   Monza e Brianza
Riflessione degli sportelli della Non autosufficienza  e
 approfondimento dal libro ricerca “Ferite invisibili” promosso dalla Caritas Ambrosiana
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INTERVENTO
Da tempo lo SPi- Cgil svolge un ruolo essenziale di conoscenza, di approfondimento, di proposta per il ben-essere complessivo della persona anziana e in particolare della persona anziana non autosufficiente  sia  a livello nazionale,  regionale e nei territori.
Abbiamo ritenuto importante evidenziare  il lavoro di cura  svolto  nei confronti dell’anziano non autosufficiente e il suo quotidiano  rapporto con il caregiver . Questo interesse è maturato nell’ambito dell’esperienza svolta dagli sportelli della non autosufficienza , dalla testimonianza dei volontari spi rispetto al problema  degli interventi riguardanti le diverse sfaccettature della domiciliarietà  rivolta a queste persone.  Mentre facevamo alcune riflessioni, ci siamo imbattuti in un interessantissimo articolo apparso su “prospettive sociali e sanitarie” in merito ad una  ricerca promossa dalla Caritas ambrosiana. Abbiamo letto la ricerca e ci siamo veramente  trovati su molti aspetti  in sintonia. Nella nostra Regione Il lavoro di cura viene quasi totalmente svolto fra mille difficoltà dalla rete famigliare  e in modo speciale dalle donne.   In questi tempi di crisi economica le  scelte di  welfare subiscono tagli pesanti penalizzando soprattutto gli interventi sociosanitari-assistenziali, rendendo ancora più difficile il sostegno  del caregiver e la presa in carico delle Istituzioni.Nel panorama regionale  non condividiamo diverse scelte caratteristiche del welfare lombardo  che non rispondono ai bisogni riscontrati. Supporto importante, in casi di continuità assistenziale a volte drammatico per l’anziano non-autosufficiente  resta l’impegno di tanta parte del terzo settore nell’ambito della nostra Provincia.  La “cura” dicono le ricercatrici è ”una pratica che ha luogo in una relazione..in cui qualcuno si prende cura dell’altro..dedicandosi attraverso azioni cognitive, affettive, materiali, sociali politiche, alla promozione della buona qualità della sua  esistenza“. Il prendersi cura così detto “informale” coinvolge gli anziani e a diverso titolo i famigliari e le così dette badanti. Di fatto questa figura ha sopperito alla carenza di un welfare adeguato. Il ruolo dell’assistente famigliare non è più solo quello di prendersi carico degli anziani nelle attività della vita quotidiana, ma quello di costituire un appoggio continuativo,compensativo o sostitutivo delle cure famigliari. A tutt’oggi in collaborazione tra terzo settore e gli  Ambiti distrettuali vi sono stati corsi di formazione, albi di registrazione e altro ancora. onde fornire un grado di professionalità che aiuti la famiglia nella  scelta più adeguata.  (progetto caritas). Gli anziani di cui ci si prende cura    possono essere anziani resi fragili dall’invecchiamento con conseguenze fisiche o  resi fragili mentalmente dalla depressione, dalle demenze, dall’aggressione del morbo di Alzheimer.
 Nono stante gli ambivalenti atteggiamenti mal-trattanti la ricerca e spesso noi stessi rileviamo  una pratica  di forte accudimento da parte dal caregiver. Con non poca fatica, anche ai nostri sportelli, la testimonianza del  lavoro di cura che svolgono verso l’anziano fragile non più autosufficiente sottolinea  l’impegno, le responsabilità, le difficoltà il dolore, ma anche  i momenti di soddisfazione, di tenerezza, di recupero di una vita di relazione in taluni casi che ha saputo ricucire vissuti che sembravano perduti.
Spesso emerge il timore  della capacità di tutelare in tutti i suoi aspetti  la qualità della vita della persona fragile. L’ Aspetto  della qualità  della vita, che  comprende non solo aspetti socio-sanitari, ma anche  problemi economici, un’abitazione adeguata, sostegni previdenziali da riformare, vita sociale, garanzia nella continuità assistenziale, un ambiente vivibile, momenti di sollievo per i famigliari, l’aiuto nella cura informale di una badante. Problemi che se possono essere superati giovano sicuramente ad entrambi nella relazione, come capita di vedere anche nella nostra esperienza. Questa è una  parte di sostegno e orientamento   dell’impegno che svolgiamo come sindacato dei pensionati e soprattutto verso i fragili, ponendo al centro la persona con le sue peculiarità e la ricerca per essa di concreti aiuti nella quotidianità. E  Uno degli aspetti  importanti per il  caregivering   dovrebbe essere  il   riconoscimento sociale  del ruolo svolto anche sotto il profilo economico, della conciliazione dei  tempi , di sostegno da parte dei servizi, del mondo imprenditoriale,  di sostegno  da parte della  comunità .  
Il prendersi cura dovrebbe diventare parte di una nuova cultura nel concepire il valore sociale di queste esperienze, un nuovo approccio verso la consapevolezza dell'invecchiamento, invecchiamento della popolazione che oramai coinvolge in modo esponenziale tanti anziani e le loro famiglie, un fenomeno crescente che come dicono le ricercatrici “l'ultima età della vita è da sempre un periodo che suscita emozioni forti e contrastanti in chi la vive, in chi la sente ancora lontana, in chi ai vecchi vive accanto”.
Nella nostra esperienza e  in questa  ricerca  appare evidente come l’isolamento del caregiver  possa essere un fattore mal-trattante. Spesso  anche nelle situazioni più estreme essi tendono a vedersi come unico arbiter del proprio vissuto, come autosufficienti e autonomi, non sempre a torto, mancando o non conoscendo gli opportuni strumenti di aiuto al sostegno familiare e sociale.
Dunque  comprendere  e analizzare il caregivering, può essere determinante per  prevenire il mal-trattamento psicologico con opera di sostegno psicologico e di formazione in grado di aiutare il caregiver e l’anziano a non sentirsi “intrappolati” ( suggeriamo alle istituzioni preposte  ai servizi competenti, la possibilità di fare riferimento ad una figura professionale già sperimentata del case manager in grado di offrire alla famiglia gli strumenti per sapere attivare tutte le risorse possibili  interne o istituzionali per  accudire gli anziani a domicilio). 
Ma l’esperienza degli sportelli fa emergere un’altra figura che dovrebbe avere il giusto rilievo in questo tipo di care, il Medico di Famiglia, una figura a cui non dovrebbero competere solo pratiche burocratiche, ma che  dovrebbe essere il perno della presa in carico dell’anziano non autosufficiente, con un PAI personalizzato e continuità assistenziale,  il primo nel sostenere il caregiver  accompagnandolo nel percorso di sostegno verso gli altri servizi specialistici e non, e cercando di capire se esiste un disagio forte nella quotidianità per superarlo.  Certo non aiutano le ultime disposizioni governative che tendono ad organizzare i medici di base nell'ottica del risparmio, penalizzando le assunzioni e quindi depotenziando il progetto della continuità assistenziale sulle 24 ore.
Se  difficile e dolorosa è la cura ad un anziano con difficoltà intellettive, maggiore e forse per certi risvolti psicologici peggiore  è il mal-trattamento psicologico dell’anziano lucido verso chi lo  aiuta.
E una parte molto importante sarebbe  quella di trovare un equilibrio tra  il bisogno della cura e l’autonomia, lo spazio per sé di chi presta il care per evitare una situazione  di stress che nulla giova alla positività dell'accudimento.
Nella ricerca e dalla nostra esperienza, sono emerse differenze tra il cargiver e l'anziano nel valutare le scelte inerenti la vita dell'anziano sia sotto il profilo della cura che decisioni inerenti le sue scelte “dove quest'ultimo rifiuta le proposte rivendicando con forza la propria capacità di autodeterminazione; una relazione molto sofferta per entrambi”. 
Oltre agli aspetti accennati bisogna che con l’aiuto del MMG, delle Istituzioni, degli sportelli sociali etc, vi sia una maggiore possibilità di orientare il caregiver verso i CDI anche per malati Alzheimer, i posti  di sollievo temporaneo  in RSA, la possibilità di poter avviare il  SAD del Comune, le dimissioni protette, la continuità assistenziale anche con il trasporto sociale, un ADI più complessiva , i gruppi di mutuo-aiuto, una vita di relazione sociale più ampia, la presenza di una badante qualificata, questi o anche altri dovrebbero essere proprio quegli aiuti al caregiver che possono prevenire? Limitare? Il mal-trattamento psicologico. Rilevante è comunque per molti aspetti del care la disponibilità economica della famiglia, per molte famiglie un vero problema, significativo il costo delle rette in RSA o in altro Istituto.
La  compartecipazione della spesa è  fonte di vero problema economico in tempi di crisi, di ulteriore stress ed umiliazione per il caregiver, di contenzioso giuridico tra parenti e tra parenti e comuni, tema aperto, ben conosciuto anche a noi sindacato. 
Inoltre spesso la scelta estrema del famigliare che non regge più una fragilità psicofisica degenerativa, un anziano a cui la malattia “ha rubato la mente”, vede impegnato il famigliare nel ricercare, non un posto qualsiasi, come abbiamo potuto verificare, ma il luogo più idoneo. Spesso il parente ricerca anzi il posto più vicino a casa, per essere comunque vicino al proprio congiunto, scelta che  viene vissuta in modo  colpevolizzante e spesso con riprovazione nell’ambito  della comunità.

Detto questo noi pensiamo che occorra  perciò cominciare a progettare in modo diverso un sostegno concreto della rete tra istituzioni, servizi, sportelli sociali per anziani,  terzo settore, volontariato, per dare una  risposta di sostegno e formazione complessiva.
E un intervento  integrato nell’area della popolazione anziana deve trarre necessariamente origine dai dati rilevati da un’attenta fotografia del territorio per poi porsi obbiettivi di risultato che andranno a determinare l’azione progettuale territoriale. Uno studio approfondito che includa oltre ai dati afferiti ai vari servizi , terzo settore, volontariato, una mappa molto più ampia della situazione degli anziani.

E invece per talune realtà già conosciute si propone  un progetto che dovrebbe partire come esperimento  pilota in una realtà locale limitata, in uno spazio particolare, nè teatro nè sala pubblica, riferito a caregiver che assistono anziani non autosufficienti che si trovano  in difficoltà psicologica e nel rapporto di care quotidiano, un gruppo omogeneo per il tipo di care, affidato a operatori con profilo professionale specifico e a volontari formati.
Il gruppo potrebbe essere così composto:
Assistente sociale del Comune – Medico di Base -– Psicologo-Psicoterapeuta – Infermiere professionale dell'ASL – Volontario degli sportelli sociali per gli anziani – Volontariato per la continuità assistenziale di trasporto e ascolto.
L'esigenza del progetto è che il caregiver possa essere sostenuto e formato complessivamente rispetto al care sociale, sanitario e psicologico.
Il percorso di accesso può attivarsi tramite il filtro dei PUA e dei CEAD operanti nel territorio di Monza e Brianza o della località individuata dal progetto.
E’ evidente che l’esperimento pilota si rivolge ad una platea di caregiver che curano l’anziano non autosufficiente a domicilio.
L’incertezza economica, la crisi sociale, la scarsità di risorse investite , la mancanza di una REGIA PERSONALE dietro alla famiglia che cura, porta la stessa a vivere con maggiore difficoltà il cargivering e nel  finire nel mal-trattamento psicologico e nelle Ferite Invisibili” se manca un percorso importante di aiuto.




 

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